Iannello Lia https://www.iannellolia.it/ Mon, 24 Jan 2022 09:23:30 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=6.1.7 https://www.iannellolia.it/wp-content/uploads/2020/09/cropped-favicon-32x32.png Iannello Lia https://www.iannellolia.it/ 32 32 Mindfulness: la scoperta delle piccole cose per diventare grandi https://www.iannellolia.it/mindfulness-la-scoperta-delle-piccole-cose-per-diventare-grandi/ Wed, 23 Sep 2020 16:55:47 +0000 https://www.iannellolia.it/?p=3391 L’obiettivo della mindfulness è eliminare la sofferenza inutile, coltivando un'accettazione profonda.

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Maturity is not when we start speaking big things. It is when we start understanding small things.

Mindfulness significa portare attenzione al momento presente in modo curioso e non giudicante. Ne sei capace? Sembra facile, ma gli studi dimostrano che passiamo la maggior parte del nostro tempo a rimuginare sugli eventi del passato o a pianificare, prevedere, o meglio, angosciarci, per quelli del futuro. Quindi è una pratica che va allenata specie per noi che siamo immersi in una società frenetica e altamente centrata sulla prestazione.

L’obiettivo della mindfulness è eliminare la sofferenza inutile, coltivando un’ accettazione profonda di ciò che accade attraverso l’osservazione dei nostri stati mentali, fisici ed emotivi. 

Un po’ di storia

Dagli anni ‘60 si assiste alla nascita dell’interesse delle pratiche meditative nella psicologia clinica per sviluppare la consapevolezza nei pazienti, con conseguente maggior benessere. La maggior parte dei protocolli e degli interventi che vanno sotto il nome di mindfulness nascono dagli studi pioneristici del biologo Jon Kabat-Zinn che nel 1979 sviluppa il primo intervento strutturato basato sulla mindfulness in contesti clinici: Mindfulness Based Stress Reduction MBSR (protocollo per la gestione del dolore). Jon Era convinto che la meditazione avrebbe migliorato l’esperienza dei pazienti in modo duraturo aiutandoli a prendere consapevolezza di sé più delle pratiche basate sulla risoluzione dei problemi che sono radicate nella cultura occidentale. Da allora in poi si assiste al proliferare di ricerche sulla mindfulness e sui suoi benefici e si moltiplicano i programmi per applicazioni in diversi contesti (scuole, carceri, ospedali, centri per veterani, accompagnamento alla nascita, miglioramento delle prestazioni sportive, migliorare l’invecchiamento, controllo del peso, supporto a bambini con bisogni speciali…).

Il cuore della Mindfulness

L’apprendimento esperienziale è il cuore del Mindfulness Based Stress Reduction e dei programmi da esso mutuati. Gli incontri sono costruiti su due elementi principali:

 1. la pratica: in ogni seduta si sperimentano pratiche diverse che i pazienti ripetono poi a casa;

2. l’esplorazione, ovvero il momento di riflessione e condivisione circa la pratica fatta in classe o a casa, senza giudizio e con apertura.

La pratica della mindfulness porta alla consapevolezza consentendo alla persona, non di azzerare il pensiero, ma di esercitare la propria intenzionalità ri-orientando l’attenzione verso il focus di interesse. 

Da uno studio sugli effetti della meditazione si evidenzia che l’intenzionalità migliora con la pratica, rendendo la persona sempre più capace di ascoltarsi e di essere presente.

Riprendere il controllo dei propri pensieri

Spesso le persone non sono consapevoli dei propri contenuti mentali e questo le porta ad essere vittime passive di strategie cognitive disfunzionali, come la ruminazione mentale (pensieri ripetitivi rivolti verso eventi passati per cui le persone ricercano spiegazioni e risposte) e il rimuginio (pensieri ripetitivi rivolti verso eventi futuri, al fine di prevedere delle conseguenze negative, spesso associato ai disturbi d’ansia), o anche di dialoghi interni negativi o pensieri autoinvalidanti (es.: “non riesco proprio a smettere di pensare a questa cosa”). Diventare consapevoli del nostro dialogo interno significa disinnescare il pilota automatico e riprendere il controllo della nostra mente potendo attuare scelte maggiormente funzionali  e attuali, evitando i vortici e gli automatismi ormai desueti rispetto alla situazione attuale.

Mente e cuore

La mindfulness contempla sia abilità cognitive come l’attenzione e la consapevolezza, sia le disposizioni “del cuore”: la compassione, la gentilezza, l’apertura. 

Cuore e mente sono due componenti fondamentali e inscindibili di un unico individuo. Alcuni studiosi la chiamano “Heart mindfulness”, la gentile apertura e consapevolezza amorevole verso l’esterno e verso sé stessi, conoscersi e accettarsi senza giudizi e pregiudizi sono alla base dell’accettazione del momento presente. La traduzione dell’Idiogramma cinese è “presenza del cuore”.

Vuoi provare un semplice esercizio?

Partiamo dall’A,B,C della meditazione: 

  • bisogna essere comodi. Evviva!! Possiamo dire addio a pantaloni stretti, cinture, cravatte, vestiti scomodi e aderenti, persino alle scarpe, resta a piedi nudi o con calze antiscivolo.
  • individua uno spazio idoneo dove sei certo di non essere interrotto. Non hai bisogno di un luogo estremamente isolato e totalmente privo di sollecitazioni, se abiti in città è possibile che nel tuo appartamento tu senta il traffico o le auto che passano, fanno parte del tuo ambiente e lo integrerai nella pratica. Cerca di trovare uno spazio che ti consenta di isolarti per il tempo necessario.
  • Spegni il cellulare (no a vibrazioni, avvisi, pro memoria.. insomma, per connetterci con noi stessi dobbiamo..disconnetterci!) è concesso però puntare una sveglia per avere un segnale allo scadere del tempo che hai deciso di dedicare alla pratica, annullando ogni tentazione di guardare l’orologio, come vedrai non sarà semplice autoregolarsi sul tempo che passa.
  • Tieni a portata di mano una coperta: potresti avere freddo in quanto le funzioni fisiologiche rallentano, anche la circolazione e il battito cardiaco, questo potrebbe produrre la sensazione di freddo e brividi.
  • per la pratica puoi tenere una delle due posizioni della foto sottostante: asse schiena, collo testa devono essere allineati, quindi usa un cuscino sotto le natiche per portare il bacino leggermente in avanti.

Bene, sei pronto, ora avvia il file audio e ascolta la mia voce che ti accompagnerà passo dopo passo nella pratica, ti servono circa 15 minuti di tempo. Buon ascolto!

Esperienza di meditazione Mindfulness
  • Hai notato qualcosa di particolare facendo la pratica?
  • Come ti sei sentito?
  • Come hai percepito il trascorrere del tempo?
  • Quali emozioni hanno accompagnato questo esercizio?
  • È stato particolarmente faticoso restare focalizzato sul presente?

Congratulati con te stesso per esserti messo in gioco e avere provato questa breve pratica di mindfulness. Può essere l’inizio di un percorso o solo un assaggio di consapevolezza, in ogni caso hai fatto una nuova esperienza e hai acquisito nuove conoscenze che spero possano esserti utili. 

Se vuoi maggiori informazioni non esitare a contattarmi!

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La bellezza si nasconde nelle sfumature https://www.iannellolia.it/la-bellezza-si-nasconde-nelle-sfumature/ Wed, 23 Sep 2020 16:39:40 +0000 https://www.iannellolia.it/?p=3381 “La bellezza si nasconde nelle sfumature” è una storia che, inaspettatamente, ha vinto un concorso.

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Nel 2015 ho scritto un racconto, in occasione di un concorso indetto dal Caffè letterario di Busto Arsizio (VA) che aveva per tema “La bellezza si nasconde nelle sfumature” e per il quale poteva essere presentato un racconto o una fotografia. Ho scritto una storia, per la prima volta nella mia vita e, inaspettatamente, ho vinto il concorso. Questo piccolo riconoscimento mi ha aperto una porta mentale: potevo essere qualcosa di diverso dall’ovvio, potevo essere persino “una che scrive” e persino “una che può vincere” e persino chissà che altro che ancora non so…sono uscita dal mio cliché.

E tu cosa ne pensi? Ci sono dei cliché da cui vorresti uscire? Ti sei mai sorpreso nello scoprirti bravo/a in qualcosa?

Se ne hai voglia, qui di seguito, puoi leggere il mio racconto. Magari ti farà pensare a quante volte, come Andrea, hai saputo vedere oltre; oppure potresti accorgerti di avere perso questo sguardo curioso e aperto sulle cose che ti circondano e provare ad esercitarlo di nuovo.

Andrea è il bambino che siamo stati, Stefania è la mamma che abbiamo paura di essere. In questo breve spaccato della loro vita ritroviamo pezzi di noi, due sguardi che colgono le mille sfumature della stessa realtà regalando a entrambi esperienze completamente diverse. Siamo un po’ Stefania, quando ci arrendiamo all’ovvio, quando semplifichiamo, quando rinunciamo ad osservare ciò che accade per un più comodo cliché. Siamo anche Andrea, ogni volta che non corrispondiamo alle aspettative, che i nostri ritmi sono diversi da quelli della media, che ci sorprendiamo a cogliere il bello e lo straordinario in uno scenario ordinario.

Storia di un bambino diversamente concentrato

“Sbrigati!! Sei sempre in ritardo, questa volta la maestra chi la sente!!…Ma glielo dico sai.. Lo dico alla tua maestra che è colpa tua.. che quella poi lo so già come mi guarda.. dai ti muovi? Ma che fai ti sei imbambolato? Sbrigati!!”. Stefania tira Andrea per un braccio cercando di fargli accelerare il passo. 

La strada da casa a scuola è breve, ma era la prima volta che la percorrevano a piedi: la macchina di Stefania era dal meccanico, una vera disgrazia per lei e un motivo di gioia per Andrea che poteva fare la cosa che più gli piaceva: osservare il mondo. Andrea era bassino per la sua età, tutti gli dicevano che prima o poi sarebbe cresciuto, di non preoccuparsi, ma in realtà a lui non importava affatto, anzi, la sua statura era un gran vantaggio: poteva osservare senza dare nell’occhio, poteva nascondersi sgattaiolando nella folla del corridoio della scuola per non essere notato da quei bulli della V°B, poteva (se tratteneva anche un po’ il respiro) nascondersi dietro Paola, seduta nel banco davanti al suo, quando la maestra li guardava per scegliere chi interrogare. Un giorno ha voluto provare a vedere per quanto tempo poteva rendersi invisibile in classe. Il maestro di musica lo aveva segnato assente e solo dopo due ore si era accorto della sua presenza. Andrea era incredulo “Ho i super poteri, ho i super poteri, sono l’uomo invisibile!!!!” si era messo a urlare.. ma il suo entusiasmo si era spento davanti alla nota sul diario che la mamma avrebbe dovuto firmare.

Stefania allunga il passo, vede un barbone ancora seduto sul suo letto, una pigna di cartoni del vicino discount. Tre gatti randagi gli miagolano attorno. “Dai Andrea, accelera.. e non ti sognare di avvicinarti a quei gatti pulciosi, ho visto come li guardi, guai a te!”. Il semaforo per attraversare è rosso, una donna cerca di vendere rose alle macchine e sul marciapiede due bambini giocano per terra “Zingari..”, sibila Stefania, ”Dovrebbero portargli via i bambini.. guarda in che condizioni li lasciano.. dai Andrea, non vedi che è verde? Attraversiamo!”. 

La scuola è vicina ormai, pochi passi e ci siamo, subito dopo la carrozzeria del papà di Mirko, il suo migliore amico. Passando davanti alla saracinesca Andrea rallenta ancora e con un gran respiro si riempie i polmoni fino a sentirli quasi scoppiare e… una manata sulla schiena lo fa tossire improvvisamente ”Andrea ma sei scemo??! Che fai?? Questa puzza è cancerogena, non lo sai che le vernici sono tossiche?? Butta fuori sto schifo…ma.. ma… dai che il bidello ci ha visti e ci fa entrare! Aspetti, aspetti ci siamo anche noi!”. Stefania e Andrea entrano di corsa nel grande atrio della scuola, la classe di Andrea è proprio una delle prime vicino all’ingresso, la maestra è lì sulla soglia, guarda arrivare Andrea e la sua cartella che sembra più grande di lui e gli sorride, dà un rapido sguardo a Stefania, che inizia a blaterare una serie di scuse per il ritardo, che Andrea è proprio impossibile, che è troppo lento e che lei lo ha detto alla psicologa della scuola che non è possibile che sia così lento a fare le cose, che sicuramente avrà dei problemi, sarà dis-qualcosa di sicuro, avrà uno di quei disturbi che vanno di moda ora e poi è troppo distratto e non la ascolta mai e…. una valanga di bla bla bla che la maestra Anna riesce a malapena a fermare con la scusa che oggi c’è il tema e non può fermarsi oltre, ma che se vuole la psicologa della scuola è in servizio e sarà felice di farle una consulenza. Stefania annuisce e si congeda, prende la direzione dell’uscita e con la coda dell’occhio vede la psicologa della scuola “Via via, fammi andare..”, pensa tra sé, “La psicologa della scuola non mi vedrà mai più.. quella biondina slavata, con quel sorriso irritante e la risposta sempre pronta.. quando le ho detto tutti i problemi di Andrea e di quanto è distratto ha risposto: signora, suo figlio non è distratto è…diversamente concentrato!…………..diversamente concentrato???? Ma mi prende per il culo? Ma che razza di psico-cazzata è?!” Stefania a quelle parole aveva girato i tacchi ed era andata via, non aveva voluto sentire altro.. quindi non ha sentito di come Andrea, quando non seguiva l’ordinario, era perché stava cogliendo …lo straordinario. Non aveva sentito Stefania di come suo figlio sapesse notare particolari e dettagli che sfuggivano ai più, era capace di vedere le sfumature che solo un cuore sensibile sapeva cogliere, non sapeva Stefania che quando Andrea era in silenzio, non era apatico e distratto, ma si stava perdendo in un ricordo, in un’ immagine, in un suono che con buona probabilità stava sentendo solo lui. Mentre gli altri erano presi a correre la vita, lui amava le soste per guardare meglio il panorama.

Cinque giorni dopo Andrea torna a casa con un bel voto da far firmare alla mamma, la maestra aveva corretto i temi e lui aveva preso “bravo”, proprio come Mirko e Alice, i suoi amici preferiti (anzi no, Mirko era il preferito, Alice era solo simpatica perché era una femmina). Stefania firma il voto e dice “..Meno male Andrea, allora forse  non sei dislessico”, Gli stampa un bacio sulla fronte e torna al pc. 

Andrea raduna tutti i suoi pupazzi sulla scrivania: c’è Spiderman, Batman, l’orso che gli ha regalato la nonna a Natale 5 anni fa e almeno 10 soldatini che erano dello zio Mario da piccolo e un giorno glieli ha regalati tutti quanti. Andrea si schiarisce la voce e, davanti al suo pubblico, inizia a leggere il tema. 

“Titolo: Il tragitto da casa a scuola, descrivo cosa vedo. Svolgimento. Oggi è un giorno speciale perché ho fatto a piedi la strada per venire a scuola e quindi ho visto tante cose bellissime. Proprio vicino casa, usciti dal portone, abita un signore con una barba che più lunga non si può, forse per questo la mamma lo chiama “barbone”, è il papà di tanti gatti che non hanno famiglia e lui li ha adottati tutti, questa mattina faceva colazione con loro, gli dava un pezzo di pane ciascuno e alla fine per lui non ne ha tenuto neanche un morso, perché i papà fanno così. Quando passi lì davanti è una gran festa di “miao” e di “prrr” e quel signore mi ha sorriso e aveva un occhio azzurro e uno marrone e volevo accarezzare un gatto ma la mamma non voleva. Poi a un semaforo c’erano due bambini per terra che giocavano con una cosa di legno un po’ arrotondata e con una punta sotto..e la facevano girare e girare e girare..il bambino più grande lo insegnava al più piccolo. Mirko mi ha detto che forse era una trottola, ma non lo so perché non ne ho mai vista una, a me piacciono tanto i giochi elettronici, ma se domani li vedo ancora lì glielo chiedo se mi fanno giocare con loro e mi insegnano anche a me. Poi sono passato davanti alla carrozzeria del papà di Mirko e lì mi piace tanto perché c’è quell’odore che aveva il nonno che faceva il carrozziere pure lui e quando lo abbracciavo la sera sapeva di vernice. Poi il nonno è andato in cielo perché la mamma ha detto che aveva i polmoni con troppa puzza di vernice dentro, ma  io quando passo da una carrozzeria sento “profumo di nonno” e quindi respiro forte perché mi viene quel ricordo di quando lo abbracciavo la sera e mi piaceva tanto. Ho visto anche la mamma per tutta la strada, era proprio davanti a me perché lei è alta, ha i passi lunghi e cammina veloce, aveva un braccialetto con tante pietre trasparenti che mentre il braccio andava avanti e indietro le pietre con il sole facevano tanti piccoli arcobaleni che si riflettevano dappertutto: per terra, sulle vetrine, ne ho visto anche uno su di me e ho cercato di prenderli ma era impossibile! Era bellissimo e sembrava una magia.”  

Andrea chiude di botto il quaderno: “Finito, ecco qui, vi è piaciuto?” sorride soddisfatto guardando i suoi amici sulla scrivania. La mamma entra all’improvviso: “È ora di cena, metti via questo disordine, giochi ancora con i pupazzi? Prima o poi li faccio sparire guarda come sono ridotti …dai ti aspetto di là”. 

La mamma esce, Andrea osserva i suoi pupazzi che non sono giochi, sono i suoi amici, Spiderman e Batman non sono rotti (come dice la mamma) perché a uno manca un braccio e all’altro un pezzo del mantello, ma sono eroi feriti per difenderci dal male, l’orso di nonna non è rovinato e consumato da buttare, ma un peluches che porta i segni di quanto è stato amato. 

Forse lo sguardo di Andrea coglie solo le sfumature della vita, scruta tra le pieghe della realtà per cercarne il bello, fruga nel cuore e arpeggia con le emozioni. 

Non è un modo di raccontare la vita.  Questa, per Andrea, è la vita. 

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A me gli occhi! Dall’ipnosi di potere al potere dell’ipnosi https://www.iannellolia.it/a-me-gli-occhi-dallipnosi-di-potere-al-potere-dellipnosi/ Wed, 23 Sep 2020 16:19:05 +0000 https://www.iannellolia.it/?p=3373 L’ipnosi è un fenomeno che si verifica naturalmente nella vita.

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Con questo articolo mi piacerebbe fare chiarezza sull’ipnosi e sulla sua storia, così da sfatare falsi miti e uscire dalla logica che associa l’ipnosi terapeutica a quella da spettacolo (es. Giucas Casella) o al controllo della mente da parte di potenziali malfattori. L’ipnosi è molto di più ed è già un fenomeno che si verifica naturalmente nelle nostre vite. Conoscerla significa non averne paura e utilizzarne le potenzialità per accrescere la consapevolezza di sè.

Nella notte dei tempi 

La storia dell’ipnosi ha origini antichissime, sebbene la sua nascita ufficiale venga fatta risalire al XVIII secolo, con i contributi di Mesmer e del magnetismo animale.

Sacerdoti, stregoni, sciamani praticavano forme rudimentali di ipnoterapia: attraverso musiche e danze ritmiche e ripetitive inducevano una sorta di “magico sonno” durante il quale apparivano improvvise visioni, il dolore poteva essere mitigato e gli effetti spiacevoli dimenticati. Sebbene le tecniche ipnotiche fossero in uso fin dai tempi remoti, le popolazioni che la praticavano in realtà ignoravano sia l’esistenza del fenomeno sia i principi che ne sono alla base, attribuendo lo stato alterato di coscienza a pratiche magiche, mistiche o a interventi divini e sovrannaturali.

Dall’esorcismo all’Illuminismo

La lettura magico religiosa dei fenomeni ipnotici rimase per lungo tempo l’unica interpretazione: Johann Joseph Gassner (1727-1779), prete cattolico di origine austriaca fu considerato uno tra i più famosi guaritori di tutti i tempi e rappresenta a pieno questa tendenza. Gassner riconduceva la malattia all’opera del demonio; il male è causato quindi da spiriti maligni che sono penetrati nel paziente e se ne sono impossessati. 

L’espandersi dell’Illuminismo, che professava la supremazia della ragione su ignoranza e superstizione, portò nuove correnti di pensiero e furono ordinate commissioni di inchiesta per mettere fine agli scontri tra oppositori e sostenitori di Gassner. In questa occasione venne invitato anche un medico di origine austriaca, Mesmer (1734-1815), che affermava di avere scoperto un nuovo modello con singolari virtù terapeutiche: il “magnetismo animale”. Dimostrò di poter ottenere gli stessi risultati di Gassner senza l’uso dell’esorcismo e il povero parroco fu definitivamente relegato in una parrocchia di campagna.

Magnetismo 

Mesmer ipotizzava l’esistenza di un fluido vitale che riempie l’universo e permea ogni cosa; alte concentrazioni di fluido sono presenti nelle persone così dette magnetiche, mentre la malattia sarebbe dovuta a un’insufficiente presenza o disomogeneità del fluido nel corpo umano. Il “mesmerismo” era la capacità di evocare e dirigere il magnetismo animale per produrre guarigioni inizialmente attraverso l’uso di magneti e successivamente attraverso movimenti e contatti corporei tra Mesmer e i suoi pazienti. Il corpo, attraverso le convulsioni, si liberava dalla malattia e ristabiliva la salute.

Da qui in poi innumerevoli contributi arrivarono a definire, perfezionare, chiarire, mattone su mattone, quelle che sarebbero poi diventate le basi dell’ipnosi moderna: tra i tanti l’abate Faria, J. Ellistson, H. Bernheim J.-M. Charcot.

Freud: ipnosi che fa rima con… nevrosi

Anche Freud si appassionò all’ipnosi in un primo momento, per poi abbandonarla in favore della tecnica analitica e rivalutarla successivamente negli ultimi anni di pratica terapeutica. 

Secondo Freud, la psicanalisi propriamente detta ebbe inizio il giorno in cui decise di rinunciare all’ipnosi. In altre parole la vera psicanalisi non avrebbe nulla a che fare con la suggestione perché con la psicanalisi l’affettività si troverebbe “canalizzata nel transfert, e da lì dominata e messa al servizio della conoscenza.”

In realtà l’aspetto suggestivo dell’ipnosi che aveva spinto Freud ad abbandonarla lo continuò a seguire.

Tutti pazzi per Erickson 

È a Milton Erickson (1902-1980) psichiatra e psicoterapeuta americano che si deve la nascita dell’ipnosi moderna.

Contrariamente a Freud, Erickson considera l’inconscio una sorgente di spontaneità creativa e non solo un elemento di possibile disturbo della vita di relazione e il percorrere l’inconscio equivarrebbe a un cammino di crescita, al recupero di forze sconosciute dentro di noi. 

Per Erickson l’ipnosi è semplicemente un aiuto fornito ad una persona, per ricontattare gli strati più profondi della coscienza, ristabilendo una continuità fra coscienza razionale ed intuitiva e riscoprendo tutti i valori perduti o dimenticati della sua personalità.

Nell’ipnosi erikcsoniana cambia radicalmente la figura dell’ipnotista: un tempo legato alla sua figura carismatica, suggestiva e autoritaria, restituisce finalmente alla persona la sua dignità di soggetto attivo dotato di potenzialità che il terapeuta ha il dovere di ricercare attivamente. 

Gestalt: da un’ipnosi di potere al poter dell’ipnosi

In questa nuova concezione del rapporto paziente – ipnotista si inserisce la psicoterapia della Gestalt che, sebbene non faccia dell’ipnosi il suo principale strumento terapeutico, non disdegna di utilizzarla nelle sue diverse forme e declinazioni (dalle visualizzazioni, alle fantasie guidate, dalla meditazione al continuum di consapevolezza, dalla PNL all’EMDR ecc..).

Tra l’approccio ericksoniano al cliente e la concezione gestaltica della relazione paziente-terapeuta, si possono peraltro trovare diverse similitudini; l’approccio gestaltico non si sarebbe mai potuto sposare con l’approccio ipnotico precedente che vedeva il terapeuta detentore di un potere suggestivo che metteva il cliente in posizione passiva e succube.

La Gestalt infatti vede il terapeuta e il cliente come due individui  impegnati in una relazione duale autentica sebbene i loro rispettivi ruoli siano diversi. Il terapeuta non è colui che detiene il potere su un altro, ma piuttosto è colui che è al servizio di un altro. Il terapeuta non si sostituisce al paziente ma lo accompagna nel processo di cambiamento donando al cliente un ruolo attivo e consapevole, proprio come nell’ipnosi ericksoniana in cui il terapeuta stimola un processo dinamico che avviene con il ruolo attivo del paziente.

Va ricordato che l’uso delle tecniche, al di fuori di una logica complessiva che le giustifichi in modo appropriato, risulta spesso inidoneo. Una tecnica rimane pur sempre un espediente – precisa Perls – “Nella Terapia della Gestalt lavoriamo per altre cose. Siamo qui per dare impulso al processo di crescita e sviluppo delle potenzialità umane. Non parliamo di felicità istantanea di cura istantanea. Il processo di crescita è un processo che chiede tempo” (Perls. 1969).

Questo è anche il rischio dell’ipnosi che, sebbene possa in certe occasioni arricchire l’esperienza della terapia, non è che un mezzo possibile, uno strumento da riporre nella propria cassetta degli attrezzi, facendone un buon uso si possono accelerare alcuni processi o facilitarne altri, ma con un uso improprio si rischia di scadere in un narcisismo terapeutico che produce effetti immediati, d’impatto, da “palcoscenico”, ma temporanei, non conducendo ad alcun cambiamento profondo e duraturo.

Nella mia pratica clinica l’ipnosi è uno degli strumenti possibili per lavorare con i pazienti potenziandone le capacità innate. La nostra mente è naturalmente volta al benessere e alla guarigione, quando il meccanismo si blocca dobbiamo lavorare perchè si ristabiliscano i naturali processi di funzionamento promuovendo il recupero delle qualità innate dell’individuo.

Se vuoi saperne di più o avere maggiori informazioni, contattami!

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